
Drype, una pallina per un cocktail: premiata l’idea della start-up di quattro giovani designer e ingegneri dell’Alta Scuola Politecnica di Milano
L’hanno chiamata Drype ed è una pallina di 2 cm di diametro che immersa nell’acqua si scioglie e diventa un cocktail ‘fai da te’, utilizzabile ovunque, non necessariamente seduti al tavolo di un bar. Intorno a questa idea originale, pratica, con una forte valenza dal punto di vista della sostenibilità perché realizzata con alimenti naturali, è stata creata una start up la cui anima sono quattro giovani brillantemente laureati, tre designer: Massimo Pierdomenico (27 anni di Sant’Elpidio a Mare, Fm), Beatrice Riva (25 anni, Piacenza), Thomas Bottalico (25 anni, Vimercate, Monza) e un ingegnere energetico, Lucia Marrocco (25 anni, Roma).

<Parliamo di un progetto che nasce un anno fa, in collaborazione tra l’Alta Scuola Politecnica dei Politecnici di Milano e Torino, e il Sei di Torino (ramo della Fondazione Agnelli e Scuola per l’Imprenditoria e l’Innovazione). Un progetto formativo internazionale multidisciplinare – spiega Pierdomenico – partito dallo spreco alimentare ma che, strada facendo, ci ha visto deviare in altra direzione, pur restando nel settore del food, o meglio del drink>.
Spieghi meglio.
<Si tratta di cocktail solidi e solubili in acqua. Per la forma, stiamo lavorando su una piccola sfera, solida che, buttata in acqua (naturale o frizzante che sia), in pochissimo tempo si scioglie, solubilizza e il cocktail è pronto>.


Avete considerato una possibile deriva in termini di abuso della bevanda alcolica?
<Certo. Abbiamo ragionato sul rischio dell’abuso del Drype alcolico ma chi punta ai superalcolici comunque potrebbe sostituire l’acqua con la grappa e nessuno se ne accorgerebbe>.
Perché Drype?
<Un significato vero e proprio non ce l’ha, diciamo che nasce dall’unione tra Dry e Hipe, attesa, momento>.

Che c’entra con lo spreco alimentare?
<Per realizzare queste palline, prendiamo la verdura, la essicchiamo e la lavoriamo. Questa la procedura che abbiamo prototipata. Messa a punto la ricetta, in cucina ci siamo divertiti a realizzare l’alcol in polvere, abbiamo tritato i cibi, realizzandoci cubetti che abbiamo gettato nell’acqua. Abbiamo bevuto il cocktail che ne era derivato. Funzionava>.
A giugno, il progetto è stato illustrato al Sei ed è stato suggerito ai quattro ragazzi di partecipare alla settimana di Human Knowledge Lab, dedicata allo sviluppo di progetti di sostenibilità. Su 150 proposte pervenute da tutta Italia, sono state selezionate solo 7 start up e Drype è risultata vincitrice.
In che consiste il premio?
<Eni non finanzia direttamente noi, ma ci mette a disposizione una rete di consulenti per aiutarci nello sviluppo di impresa nei loro uffici milanesi. Di conseguenza, potremo proporci agli investitori (è lo step successivo) con dati più concreti, con un business plan, un financial plan, con tutto ciò che serve a strutturarci come impresa>.

Uno dei punti di forza del progetto?
<Non è stato più lo scarto di cibo, ma i risparmi che consente in termini di logistica e di materiali non dovendo utilizzare vetro, né liquidi. A parità di cocktail trasportati, Drype è molto meno impattante a livello ambientale, consente di ottimizzare i trasporti e ridurre i volumi da spostare>.


Qual è il target del prodotto?
<Pensiamo a grandi eventi, ai catering, alle barche, agli aerei, a campeggi, a luoghi in cui creare cocktail con Drype richiede poco tempo ed è alla portata di tutti. In ogni confezione ci saranno 12 palline di gusti diversi. L’obiettivo è riuscire a far arrivare Drype a casa, tramite l’online>.
A che punto siete con la start up?
<Stiamo lavorando all’industrializzazione del prodotto. Un conto è realizzarne qualche esemplare a livello casalingo, tutt’altro pensare a quantità superiori. Stiamo lavorando con un team di chimici per perfezionare Drype e ottenere una pallina che si scioglierà bene, in fretta, senza grumi, con la sicurezza di un prodotto certificato a livello sanitario>.




Poi bisognerà ‘invogliare’ gli investitori.
<Stiamo partecipando a tutti i bandi possibili per ottenere fondi di investimento indispensabili per continuare a sviluppare l’idea e portarla sul mercato entro un anno. In questo senso, è importante che il tema sia composto da due uomini e due donne. La presenza delle quote rosa è premiante>.
Marisa Colibazzi